giovedì 6 aprile 2023

“La strada giusta”, recensione



Il romanzo “La strada giusta” di Marco Tiritan coinvolge subito fin dai primi capoversi, con un linguaggio pulito, appropriato, fatto di pensieri centrati, che delineano l’identità del protagonista, di Eugène, indubbiamente ispirata all’autore. È un raccontare “timido e ragionato” e certamente umile.

Marco Tiritan è autore di diversi articoli sulla montagna, un trascorso che ne fa una penna incline alla descrizione e alla ricerca. Il romanzo è ambientato nei primi anni del Novecento sulle Alpi francesi e i fatti, con riferimenti temporali e culturali, sono ben contestualizzati nell’epoca.

Il personaggio, Eugène, cinquantenne, topografo agrimensóre stimato, libero da impegni di famiglia, conduce una vita pacata e sobria. È di poche parole, ma ugualmente disposto a fare amicizia. Si sposta in bicicletta, raramente in treno. Eppure pagina dopo pagina rivela un dinamismo avventuroso, fatto di incontri determinanti, di trasferte che lasciano intuire la passione per il viaggio, che lo fa sentire “sazio della vita”.

Un assurdo quanto geniale e mirabolante equivoco avvenuto in un bistrot, in cui in effetti si poteva esibire una parlata più rozza fra sbronzi, introduce la figura chiave, una donna, che genera nel protagonista un turbinio di emozioni mai provate. Gli fa conoscere l’amore e la sua certezza matematica si sfalda. L’incontro genera in Eugène sentimenti contrastanti fra il proseguire la sua tranquilla vita o l’intraprendere la strada dell’innamoramento. A riguardo di lei rimane la voglia non sopita di conoscerla meglio, ma l’autore dà più visibilità a un altro personaggio femminile, decisione di cui se ne apprezzerà la scelta. Si riconoscono finezze nel trovare soluzioni che non sono scontate.

La narrazione in terza persona, con passaggi al discorso diretto, riflessivi, spirituali, sempre dettagliati, ne fa una caratteristica che accompagna il lettore fino a renderlo partecipe, non più spettatore.

“La strada giusta”, edito da “Effedì”, è uno di quei libri che non si vede l’ora di riprendere in mano. Si guadagna un posto sullo scaffale delle opere preferite.

Anna Arietti


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