martedì 12 aprile 2016

(In un giorno di vento)

(Testo e immagini di Enea Grosso)

Il guado tra Castelletto e Mottalciata


Un giorno ho inseguito le nuvole.
Era il tre marzo, un pomeriggio di vento. Percorrevo la superstrada da Biella verso la pianura e le ho viste, lontane, appoggiate su di una  piattaforma invisibile posata a mezz'aria.
 Guidando continuavo a tenerle d'occhio. Bisognava fotografarle, erano insolite.
Mi piace fotografare il cielo.
Mi sfuggivano, però. Nei punti migliori era impossibile fermarsi; e  nei tratti in cui sarebbe stato possibile accostare o erano nascoste o apparivano troppo lontane.
L'inseguimento mi ha portata a deviare verso Castelletto Cervo fino al guado ai piedi del castello. Ecco, quello poteva essere un buon punto di osservazione, sgombro dalle case, dai capannoni, dalle auto. Però anche da lì erano ancora troppo lontane. Sfuggenti. Diciamolo pure: una delusione!

Da già che ero lì,  perchè non scattare qualche foto al guado... ma che tristezza il mucchio di immondizie  da un lato, le prostitute, i loro clienti e altre immondizie dall'altro.
Difficile ritrovare la magia delle mattinate di neve e galaverna, in cui tutto è candido e pulito.
Che peccato. Per quanto sia un posto - come dire - di poco pregio, potrebbe essere carino per la gente locale. Una spiaggetta di paese.

Mi sono immaginata le due rive del Cervo collegate da un ponte in legno a fianco della strada in cemento.
Un ponticello in stile giapponese o qualcosa che (molto) vagamente ricordasse il ponte di Lucerna, o  un qualsiasi ponte semplice e carino, con dei vasi di fiori. Magari coperto, così le persone potrebbero fermarsi a guardare le montagne da una parte e la pianura dall'altra anche nei giorni di pioggia,  prima di andare a comprare un gelato o un caffè al chiosco sotto agli alberi, con tre tavolini, una panchina sull'erba pulita. E qualcuno che suoni il violino o l'armonica a bocca alla buona.
Torno alla realtà.
Scatto qualche foto, passo oltre le immondizie e riparto.
Pazienza per le nuvole, mica posso inseguirle fino a Vercelli. Con tutte le cose che ho da fare...per ieri! Ho già perso abbastanza tempo.


Invece no. Le nuvole mi chiamano ancora. Giocano. Eccole che ammiccano appena arrivo alla rotonda. Giro verso Buronzo, trovo presto un punto di sosta. Eccole - se pur sempre in lontananza - sdraiate sulla loro tavola invisibile. Sento già che saranno di quelle foto che quando le guardi non restituiscono affatto quello che avevi visto. E col cellulare, poi. Ma ormai sono arrivata fino qui e tanto vale provare. Però stop all'inseguimento. Basta. Stavolta torno indietro.
Tanti saluti alle sirene soffici e mute che mi hanno adescata fin quaggiù con le loro forme eleganti.
Giro l'auto...e sto già cercando mentalmente un altro punto per accostare.
Non si può non guardare il cielo. Il vento ha passato spesse pennellate  bianche sfumate di grigio e di un blu minaccioso - tanto è intenso - sulla collina del  Monastero di Castelletto Cervo: è stupendo - almeno dal vero. Sembra il set di un film. Manca solo un drago che attraversi la scena volando e atterri sul campo ai piedi della collina.Vado verso Masserano, ma so già che mi fermerò presto di nuovo.

Il Monastero di Castelletto Cervo
 E' stretta la strada che attraversa i campi e la baraggia tra Castelletto e San Giacomo del Bosco, ma davanti ai grandi cancelli di alcuni capannoni c'è spazio abbondante per fermarsi.
Verso Biella c'è un azzurro quieto e chiaro d'una luce ordinaria. Invece dritto davanti a me una nuvola  enorme  schiaccia in basso verso la campagna piatta  una striscia di scurissimo blu che sembra trasudare tempesta. Ma la tempesta non arriverà. Sono solo effetti speciali per festeggiare l'arrivo di marzo.

Sono ipnotizzata. Il vento  - con garbo - mi sta trasportando dove vuole. Voleva proprio che assistessi alle sue acrobazie di colore, complici quelle nuvole sulla piattaforma....ed eccole lì, alla mia destra!
Anche loro si godono lo spettacolo da lontano, comodamente appollaiate sul cielo di Santhià.  Devono avere buoni occhi, le nuvole. Dato che hanno visto da lontano persino me.
Mi rimetto alla guida lentamente. Non ci sono più piazzuole. Faccio un paio di scatti veloci dall'interno dell'auto, pazienza se resterà il riflesso del vetro.
Pochi secondi e me ne vado via.
Punto verso Rovasenda, ma presto torno indietro. Basta, accidenti, non posso permettermi di dedicare altri minuti a questo gioco...ma poi vedo un luminosissimo  spicchio celeste all'estremità inferiore del quadro, ai margini dello "Sturm und Drang" in corso. Un respiro azzurro.
Mi sposto verso Brusnengo, sembra sia lì il punto di vista migliore. Ed è  solo a tre minuti...Tanto che differenza può fare ? Sono in balìa della danza del vento.
Parcheggio lungo la stradina di accesso di una grande fabbrica  lungo la statale verso Gattinara e cerco di catturare quel lembo di luce. Il mio cellulare fa quello che può. Sente di avere una certa responsabilità...


Tornando sui miei passi, non resisto alla tentazione di svoltare di nuovo verso Rovasenda.
Conosco la strada, in passato la percorrevo spesso in bicicletta. So già che potrò fermarmi nei pressi della Cascina Tomasoni. per gli ultimissimi scatti.



Sui campi scuri  continua lo spettacolo della tempesta, mentre verso le montagne dal lato opposto  il cielo è pieno di luce. Due bellezze diverse. Ringrazio le nuvole e il vento, adesso posso tornare a casa.


(testo e foto di Enea Grosso)