sabato 10 dicembre 2016

E il paese vive


Quando sfiori accidentalmente un pupazzo e chiedi scusa, convinta sia una persona, significa che il presepe è davvero a grandezza naturale.

Accade a Mosso, l’8 dicembre, giorno in cui viene inaugurata la rappresentazione, allestita nel centro storico. Tant’è che i partecipanti si confondono con le figure, quasi duecento, sistemate qua e là. Inaspettatamente trovi il parroco, che ti viene incontro con una sfilza di bimbi al seguito, o il vecchietto con la gerla sulle spalle e le immancabili comari, che se la contano. Sono scene di vita ricreate con attenzione e tanta passione, come dice una donna dai capelli bianchi, “ci diamo da fare un po’ tutti. Chi non può impegnarsi manualmente, lo fa portando vestiti vecchi o attrezzi per addobbare. Si fa per far vivere il paese” e l’intento pare riuscito. Un visitatore, messo a fuoco il luogo, afferra il telefono e dice: “a Mosso hanno fatto un lavoro eccezionale. Dovresti vedere che roba”.


Una delle voci del presepio è di Franco, coordinatore della comunicazione, ma ancora prima estimatore del territorio biellese. “L’idea nasce dalla fantasia di noi adulti, ripensando a quando, da bambini, gli occhi arrivavano appena a lambire il piano del tavolo sul quale era stato fatto il presepio. Da quella prospettiva immaginavamo di camminare lungo i sentieri, fra il muschio, fino alla capanna dove era nato Gesù. Non potendo farci piccoli, abbiamo fatto crescere le statuine. L’altra magia, percepibile, avviene al calare del sole, quando le figure sembrano davvero incamminarsi verso la capanna della Natività”.

I sentori speziati del vin brulé e il profumo dolce della cioccolata calda arrivano fin nella piazzetta dell’antico mercato, dove spicca Casa Bertotto, e accompagnano alla Capanna, realizzata nel cortiletto del Centro anziani, dove un gruppo di ragazzi è alle prese con fornelletti e panettoni. Pian piano, dalle vie i visitatori finiscono tutti lì, mentre l’imbrunire crea l’atmosfera giusta, quella della tradizione natalizia, accompagnata dalle voci dei “Cantori” di Camandona.

Lo spirito della festa si ritrova nelle parole del papà che fa notare la figlio la fattura delle pecore “guarda come le hanno riprodotte bene quest’anno, di pelo vero, sembrano reali” e dell’ex sindaco, Gianni, che rievoca le proprie esperienze, come la volta in cui, buttando un occhio distratto in giardino, vide un tizio aggirarsi furtivo. “Altro non era che uno dei pupazzi - aggiunge -; a vederli, bisogna farci l’abitudine”.

Sulle espressioni dei personaggi invece ci sarebbe da commentare, però, come fa notare una ragazza, “sono opere d’arte”. E allora zitti, zitti, anche perché compare Angela, l’autrice che realizza le teste e le dipinge. “Ho iniziato a farlo fin dalle prime edizioni del presepio, quasi ventinove anni fa, quando si faceva a Marchetto, con la buonanima dell’Ugo. Cerco di ricreare il viso dei residenti o di chi ci dà i vestiti - spiega -. Non sempre ci riesco e allora capita che arrivi la Iole di turno a chiedermi di sostituire la testa del fantoccio perché dice che non le somiglia per niente. Quest’anno mi sono divertita a fare i nasi, che non sono perfetti. Mica siamo tutti belli, anzi è meglio essere interessanti”.

Il presepe gigante di Marchetto, di Mosso, nasce negli anni Ottanta come manifestazione prettamente natalizia, ma aspira a farsi museo etnografico permanente, che si lega alla tradizione laniera biellese, con i suoi dodicimila metri quadrati di esposizione e un percorso esplorativo di ottocento metri. La rappresentazione è visitabile tutti i giorni alle 10 alle 22, fino all’8 gennaio.

Anna Arietti

(testo e immagini)





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