sabato 16 aprile 2022

I fiur dla Madona (di Pier Emilio Calliera)


Nella sapienza antica, tra i ricordi lontani dove risiede la nostra parte migliore, c’era una fede spontanea dove la natura intorno era piena di segni dal cielo. Era il tempo delle storie raccontate ai bambini nelle stalle d’inverno, tra un rosario e l’altro e quando in primavera tornavano le rondini erano i “galin-i dal Signur”, i raccolti nei campi erano di Dio e dei santi, in estate si saliva ad Oropa ad affidare alla Madonna nera le nostre pene, tutte le stanze erano piene di pellegrini. 

Nelle campagne si affidava alla fede, ci sentivamo protetti, e anche fatalisti, si portavano i fiori di campo in chiesa e alla cappelletta, anche i fiori avevano le loro storie. Tra i primi a sbocciare a fine inverno, c’erano quelli della “Pavaran-a” della Veronica Persica, per la Jeta erano gli òcc dla Madona, piccoli, azzurri come i suoi. Da altre parti la Veronica era la “Puaran-a” ed erano i fiori di santa Veronica quella che aveva pulito il volto insanguinato di nostro Signore. 

Nei prati, durante questa settimana santa crescevano dei fiori gialli, erano i fiori della settimana santa che Gesù aveva regalato a sua madre la Madonna, tramutando le stelle in fiori, sono i Ranuncoli gialli, “ i Caplin-i dal Madona ” allietano i prati con il loro giallo tra il verde. 

La Jeta raccontava che il nome dei fiori li aveva nominati la Madonna, c’erano dei fiorellini così piccoli che la Madonna non li aveva visti mentre passava a dare il nome a tutti, era già andata oltre e uno di loro con la sua vocina:«Non ti scordar di me». La Madonna si girò e diede quel nome al piccolo fiore, di un azzurro color del cielo. Ma nelle stalle si raccontava anche di due innamorati che erano andati a passeggiare lungo l’Elvo, lui romantico aveva raccolto un “mas-t”, un mazzo dei piccoli fiori di “ Non ti scordar di me ” mentre raccoglieva gli ultimi è scivolato dentro al fiume, mentre la corrente in “bura” lo portava via, lanciò quel mazzolino profumato al suo Amore, prima di scomparire tra le onde urlò :«Non ti scordar di me». 

In quel tempo lontano quando si cacciava per mangiare, quando la maggioranza degli uomini era cacciatore per necessità, per integrare le mense di tante bocche da sfamare. C’era il Cicòt, era andato a caccia con il suo cane spinone. Era andato nella piana della Drusa per il passaggio delle beccacce, si era portato il pranzo nella cacciatora, si era seduto su di un sùc tagliato dal Lici Guargia, il guardiano dei boschi . L’appetito era gagliardo, da cacciatore, in pochi bocconi era già arrivato al “furmàc dùr, al fumac da raspa, cun la crusta nera”, il suo spinone lo guardava implorante, ma niente. Lo spinone si allontanò un attimo e tornò dopo un attimo con in bocca una piantina di piccoli fiori, lo mise ai suoi piedi, era una piantina di “Non ti scordar di me” . Cicòt capì e diede la crosta nera e nà mesa mica al suo spinone, Ilvo, era il suo nome.

Buon Sabato Santo dal villaggio.
pec.





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