giovedì 22 aprile 2021

Riflessioni caute, di cui abbiamo bisogno


di Anna Arietti

È una conversazione fra amici, nata sorseggiando una spremuta di arancio in un giorno di primavera, a poco più di un anno da quando si è diffuso il nuovo coronavirus del 2019. Portiamo una ragionevole resistenza al pensiero diffuso, e purtroppo unico, e manteniamo riserbo sull'ospite, che per la semplice e composta esposizione dei propri pensieri, medico di lunga esperienza, non merita di essere martirizzato. Cosa che di questi tempi avverrebbe.

Partiamo da fatti di rilevanza di cui rischiamo di perdere la memoria: "Non ricordo se si tratti di un divieto, o di qualcosa di fortemente sconsigliato, che equivale a un divieto, ma la non esecuzione delle autopsie sui primi cittadini deceduti, il mancato riscontro diagnostico, rimane un punto da tenere a mente - spiega - perché non indagare, non approfondire immediatamente, ma soltanto in seguito - in ritardo - è quanto di più antiscientifico e illogico ci possa essere. Qualunque decesso di cui s'ignori la causa, razionalmente prevede l'autopsia. La giustificazione che fosse pericoloso, francamente rasenta il ridicolo. Qualunque anatomopatologo abituato a eseguire autopsie su persone che possono avere contratto gravi forme infettive, o patologie trasmissibili, prende pacificamente tutte le precauzioni possibili. Pensiamo alla letalità dell'ebola che è tutt'altra cosa rispetto al Covid, oppure a una guerra batteriologica, da cui ci si aspetta conseguenze ben peggiori, queste problematiche sono affrontate da personale formato ed equipaggiato. Su questo punto, coloro che si fanno paladini della scienza, cadono in contraddizione".

Tra febbraio e aprile del 2020 ci si è indubbiamente trovati di fronte a qualcosa di nuovo, anche per la reticenza del governo cinese. Se avesse dato piena 
collaborazione fin dall'inizio, la situazione si sarebbe potuta gestire in modo diverso. "Alcuni medici iniziavano a intuire che il problema fosse anche legato a fenomeni trombotici e che si potesse intervenire con l'eparina, ma un professore, in televisione, aveva brutalmente tacciato l'ipotesi come priva di fondamento. Un certo mondo accademico si era scontrato con coloro che operavano in prima linea, con conseguenze purtroppo nefaste. Intanto si doveva arrivare all’autunno inoltrato perché s'iniziasse a parlare di protocolli di cura con l'eparina, con risultanze molto positive. Si era visto che il cosiddetto D-dimero, che aumenta in caso di trombosi o embolia polmonare, in tante persone che avevano contratto il Covid arrivava a livelli altissimi. Molti si sono ristabiliti, assumendo anche per un mese, un mese e mezzo, eparina, proprio per scongiurare eventi trombotici. Intanto, cosa che mi amareggia moltissimo, ci ripetevano che le uniche cose da fare erano la vigile attesa e l'uso della tachipirina. Ancora una nota di spiacevolezza: un tempo c'era il costume di mai citare un brand, valeva per i prodotti commerciali, a maggior ragione per i farmaci. Avrebbero dovuto indicare la molecola e non il nome commerciale, come invece è stato fatto in tutte le trasmissioni televisive, ma comunque questo è un fatto puramente di costume".

L’alternativa, che tuttora stiamo vivendo, è tra una vaccinazione in divenire e la non cura. "Chiedo ancora di fare mente locale, perché la situazione è stranissima: possibile che esistano soltanto la vigile attesa e un farmaco che ne attenua la sintomatologia, che non ha nessuna funzione nei confronti della patologia? E siamo sicuri che un farmaco che attenua la sintomatologia sia cosa
buona? C'è anche chi teme che il paracetamolo consumi le scorte di glutatione, con effetto negativo. Rimaniamo però al fatto che attenuare i sintomi e aspettare è equivalente a rifiutare la cura. Poteva essere una giustificazione nel primissimo periodo, su cui però non si è voluto indagare. Sappiamo che ci sono risultanze anche con banali anti infiammatori. Fermo restando che, di fronte a un fatto nuovo, nel primo periodo si possa brancolare, abbiamo comunque una colpa gravissima. La mera attesa contribuisce alla progressione della patologia e ne stiamo pagando le conseguenze".

In tante occasioni, notiamo un concerto di persone che si muovono come se volessero creare argomenti per i complottisti. "A riguardo della questione vaccino, ho caro un ricordo: un discorso di grande pacatezza e comprensione che fece un medico svizzero responsabile nel settore vaccinazioni alla RSI tv rivolto a coloro che nutrono dubbi sulla sua efficacia e sui possibili effetti collaterali. Nei nostri media sembra che non siano possibili dei ragionamenti che non siano all'estremo: si è scientisti, o no vax, quando invece ci sono infiniti
punti di vista, tra chi divinizza la scienza, senza pensare che può avere dei limiti, e chi la rifiuta a priori".

Le persone che manifestano perplessità sulla vaccinazione vengono brutalmente tacciate di essere contrarie alla scienza. "Sotto il termine 'no vax' si cerca quasi di annullare l'espressione delle persone. Chiunque ha il diritto di esprimersi, chiaramente con argomentazioni logiche. Potranno non essere dei genetisti, ma l'iter logico si deve percorrere ugualmente. Poi ci sono medici che a distanza di mesi si contraddicono, incauti nelle loro affermazioni, mentre la cautela scientifica è doverosa".

"Non posso affermare o negare a priori qualcosa che non so, o che un vaccino possa portare o no a effetti collaterali a medio e lungo termine. Sappiamo che un vaccino ha normalmente una gestazione lunga, fino a 10 anni. Se è vero che
c'è stata una procedura di emergenza che ha fatto contrarre i tempi, è anche vero che i tempi lunghi dipendono da studi determinati in sequenza, mentre ora, strumentalmente, si lavora in parallelo. Il dubbio però è scientifico, è scienza. Io non posso sapere se ci saranno effetti collaterali gravi, ma non posso nemmeno affermare il contrario. Quindi occorre rispetto per entrambe le posizioni. Lo
scienziato non può sapere con certezza cosa accadrà, altrimenti non è scienziato; sta facendo della divinazione".

"Tutti noi abbiamo care le generazione future - prosegue -. Già tempo fa leggevo che negli Stati Uniti stavano sperimentando con procedure d'emergenza il vaccino su soggetti molto giovani e un'azienda aveva detto che era efficace al 100%. È un'affermazione che fa apparire il sorriso sulla bocca; non appartiene al novero delle cose conosciute. A Oxford, di nuovo, non diciamo sperimentazione, la prova su dei bambini volontari è stata sospesa - fonte Ansa che dovrebbe essere autorevole -. Verrebbe da sorridere se non fosse che c'è da piangere a parlare di minori volontari. Rabbrividisco. Dal punto di vista bioetico, trovo che sia inconcepibile sperimentare un farmaco su soggetti sani, non in pericolo di vita, e addirittura minori. Tante persone già in passato si recavano in Svizzera per sottoporsi a protocolli di sperimentazione di farmaci dietro congrui compensi, il che non è entusiasmante, ma ahimè, certe cose vanno provate, ma almeno si parla di adulti nel pieno della loro capacità di agire. Se parliamo di bambini, vuol dire che il consenso lo danno i genitori? vengono pagati? ma che genitori sono? e che scienziati sono? con quale coscienza agiscono? Presumo nessuna. Hanno solo in mente un risultato e qui lascio trarre le conseguenze. I soggetti giovani, proprio perché giovani, non corrono al momento rischi. Il principio di precauzione chiederebbe di evitare la vaccinazione, visto che hanno una aspettativa di vita lunghissima e non vi sono certezze sugli effetti a medio-lungo termine".

Tema di attualità è la questione dell'obbligatorietà del vaccino. "Nelle conversazioni fra operatori sanitari, che chiamare dialoghi non è neppure un
eufemismo, la perplessità non è ammessa. Francamente nell'esprimere dubbi non trovo nulla di antiscientifico. È una questione di cautela, che sarebbe bene applicare anche in forma dialettica. Certo che se prospetto di essere sotto a un bombardamento, qualunque cosa va bene. Io credo che qualunque grande scienziato, passato alla storia, avesse avuto tantissimi dubbi, perché si poneva tantissime domande a cui aveva difficoltà a darsi risposte definitive. Quindi non possiamo sapere quali effetti avrà il vaccino. Esistono farmaci che utilizziamo da decenni, eppure ogni tanto si scoprono ancora effetti collaterali, o secondari".

Ricordiamo che non siamo fatti in serie, abbiamo un'individualità genetica. Occorre bilanciare ragionevolmente, ammettendo discorsi contrari. "In Italia c'è stata un'ubriacatura di informazioni che è quanto di più folle possa esistere. Non mi risulta che in altri Paesi europei tutte le reti, per un anno, abbiano parlato, con gli ospiti più disparati, soltanto di covid. Questi scienziati da tubo catodico, da televisione, posso scusarli ma soltanto in piccola parte. Chiamati ogni momento, hanno perso l'identità di veri scienziati, se lo erano, perché comunque dovevano dire sempre qualche cosa in più. Potrei usare la brutta espressione che si sono trasformati in ciarlatani, ma rimaniamo sul pacato". 

Come considerare le persone vaccinate che se le prendono con coloro che non lo sono? "Sembra quasi che queste soggetti abbiano paura, un timore non sedato neanche con il vaccino che tanto divinizzano. Non trovo altra spiegazione. Siamo tutti individualisti pazzeschi che le situazioni di paura enfatizzano ancora di più. Se si crede nel vaccino, nell'immunità di gregge, con ragionevolezza, vediamo di raggiungerla con chi è disposto a farsi vaccinare. Altri discorsi si faranno strada facendo. Oltre che ragionevole, è anche una questione pratica: al momento non disponiamo di tutta la quantità di vaccino necessaria. Sul piano del ragionamento logico, dovremmo puntare sulle persone più a rischio, per professione, per età, per patologia. Non sui giovani, perché allo stato delle cose non serve, e sempre e per tutti, soltanto su espressa volontà, su base spontanea".

"Si dice che vaccinarsi sia un dovere etico, perché qualcuno non può farlo. Se una persona ha un dovere verso se stesso, ha anche un dovere civico nei confronti degli altri, però c'è una piccola pecca: nessun scienziato si sente di confermare che una persona vaccinata non possa essere portatrice di contagio. Un ragionamento prudente porterà a trarre conclusioni più avanti. Al momento non ci sono prove che spingano a dire che effettivamente io debba rispondere a un dovere solidaristico. Se posso trasmettere la malattia, non posso proteggere le altre persone".

Abbiamo proposto un dialogo pacifico, e ribadiamo come, con una mente predisposta, collegando tutte le osservazioni fra di loro, si forniscano  chiaramente spunti a chi ci vede il complotto. La questione è aperta a ulteriori riflessioni.

Anna Arietti


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3 commenti:

  1. Bellissimo dialogo molto pacato, interessante ed esaustivo...c'è ne fossero cosi anche in TV...brava ANNA ARRIETTI

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  2. Concordo con il Signor Barberis: grazie per questo colloquio pacato e chiaro, complimenti ad Anna Arietti e al medico da lei intervistato.

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  3. Bel ragionamento, equilibrato.
    Mi piacciono sempre le cose di Anna.
    Grazie!

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