lunedì 18 ottobre 2021

"Assunzione” di Bernardino Lanino (di Mariagrazia Rossi)


Un gioiello artistico che impreziosisce la centralissima chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Cossato: “L’Assunzione” del cinquecentesco pittore piemontese Bernardino Lanino (nato a Vercelli o Mortara nel 1509 /1513 e morto a Vercelli nel 1582 /1583).

La vivace narrazione del Lanino interpreta bene il materno affetto dei cossatesi verso la Madonna dell’Assunta, patrona della città e celebrata dai fedeli nel mese di agosto con una processione dal forte sapore popolare. 

La scena raffigurata nella nostra chiesa parrocchiale è monumentale e al tempo stesso profondamente umana. In essa si respira davvero bellezza; del resto già dopo pochi anni dalla morte del Lanino, il trattatista Giovanni Paolo Lomazzo nel 1590 affermava ne “Idea del tempio della pittura” che il nostro era “di ingegno vivacissimo nell’ideare e gran pratico nell’eseguire”.

Firmata dal Lanino e datata 1578, questa pala dell’Assunta forse è stata dipinta con la collaborazione del figlio Cesare: non è semplice ricostruire con esattezza il catalogo del Lanino per le molte situazioni dubbie tra lui stesso, la bottega e i suoi figli.

In un’impaginazione semplice e chiara, la grande tavola, inserita in una cornice dorata a terminazione semicircolare, è divisa in due zone distinte: il mondo terreno con gli apostoli accalcati in basso e il mondo celeste in alto, con la schiera di angeli, resi in arditi scorci, che, in una soffice nuvola, accolgono la Vergine, spingendola verso una luce calda e intensa da cui emerge il profilo di Dio. Gli apostoli sono raffigurati come giovani e prestanti santi, coi volti reclinati e le mani al petto a denotare la loro grande tensione vitale; la loro intensa animazione rende autenticamente palpabile l’emozione di trovarsi improvvisamente ad assistere alla bellezza infinita di questa manifestazione divina. Maria è aggraziata e sinuosa: indossa una veste rosa e un mantello verde dorato che le fanno risaltare i vaporosi capelli castano chiaro, mossi e lunghi; la sua è un’espressione di dolce e malinconica concentrazione, tipica del repertorio figurativo del Lanino. Da un mare di luce appare, come se stesse volando, una maestosa e barbuta figura di uomo anziano: è Dio che con un gesto solenne accoglie Maria in Cielo. Anche i ricchi effetti luministici della stesura cromatica, alimentata soprattutto dai toni del verde, azzurro e arancio, fanno intendere all’osservatore che la luce ha una forte valenza spirituale poiché è un segno dell’invisibile divino.

Metà della superficie è riservata al paesaggio delle nostre campagne nordiche, dove tra cespugli e affusolati alberi verdeggianti si apre a perdita d’occhio con un castello turrito che si staglia sullo sfondo, mentre una striscia di colli si spiana, tremula, all’orizzonte: siamo in un luogo aperto in cui ritrovare l’armonia tra l’uomo e la natura e tra la sfera umana e quella divina. E’ anche possibile ritenere che il castello raffigurato sia ispirato ai nostri paesaggi biellesi: a partire dal 1535 si legò alla committenza locale con l’aristocratica famiglia Ferrero (legata a questo patrocinio è anche un’altra Assunzione a Biella) e, ancora, tra gli atti notarili dell’epoca è rinvenuto in suo acquisto di un terreno da vigneto nei pressi del lago di Viverone.

Questa conduzione dolce della scena, così caratteristica e tipica del Lanino, si colloca perfettamente nel contesto della Controriforma, i cui dettami furono promossi dal santo piemontese Carlo Borromeo, che raccomandava agli artisti di usare espressioni sorridenti di gioiosa devozione popolare; un orientamento mirato a rafforzare gli insegnamenti della Chiesa Cattolica, messi in discussione proprio in quegli anni dalla riforma protestante: colori smorzati, la materia opalescente e argentea, i preziosismi serici, la ricchezza cromatica, ma monocorde sottolineano il clima di dolcezza ereditato dai leonardeschi che il pittore adatta alla propria sensibilità. Le soluzioni pittoriche e i modi figurativi adottati del Lanino sono invece ripresi dal linguaggio del vercellese Gerolamo Giovenone, di cui Lanino sposò la figlia Dorotea nel 1543 e soprattutto dal celebre Gaudenzio Ferrari, “il Raffaello del Nord”, scultore e pittore per il Sacro Monte di Varallo; alla morte di quest’ultimo ne ereditò le commissioni milanesi dopo essere entrato nella sua bottega. Proprio a contatto con la cultura milanese, Lanino rimase influenzato dal geniale Leonardo e ne riprese pienamente la figurazione del paesaggio e i colori morbidi e tenui che sfumano i contorni del disegno.

Oltre a essere presente a Cossato e in numerose città tra la Lombardia e il Piemonte (Varallo, Vercelli, Novara, Milano), è motivo d’orgoglio cittadino sapere che il nome dell’artista compare nei cataloghi delle opere presenti in prestigiosi musei esteri, quali, a Parigi, il Musée du Petit-Palais e il Gabinet des dessins del Louvre, a Raleigh (USA) il North Carolina Museum of Art, a Ginevra il Musée d'Art et d'Histoire, a Londra il National Gallery. 

Il prestigioso professore torinese Giovanni Romano ha dedicato studi a Lanino nei volumi “Bernardino Lanino”. e “Il Cinquecento a Vercelli”, mentre il critico Giovanni Testori lo ha citato nel volume “Il Gran Teatro Montano”.

Mariagrazia Rossi
(testo e imagine)

L'articolo è apparso anche sul giornale "La Nuova Provincia di Biella" - 2 ottobre 2021

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