sabato 26 agosto 2017

Una storia tutta biellese


Quelle sere d’estate che in pianura boccheggi per l’afa, salire alla conca di Oropa dà una tregua. Se poi ti ritrovi sotto ad un tetto di lose, circondato da legno e tradizione, mentre dalla vicina cucina arrivano certi profumi, ti senti definitivamente in vacanza.




Alle spalle della Chiesa nuova si trova il ristorante La Fornace. Un colpo secco di tuono ti fa staccare una volta per tutte la spina. All’ingresso incontri Chiara, 30 anni, la titolare, che sorridente e discreta ti fa accomodare, mentre la pioggia inizia a battere sui vetri e la nozione del tempo finalmente si dilata. Si parla del locale; racconta di aver rilevato l’attività nel 2015, dopo l’università.

“Con i chiari di luna che ci sono in giro, questa si è rivelata una buona opportunità - spiega -. Del resto abbiamo sempre lavorato nel settore. Tutta la famiglia è impegnata. In cucina c’è Carlo, mio marito e chef; in sala c’è Anna, mia sorella, che ci dà una mano. E poi c’è mamma Lidia, sempre pronta a correre appena la chiamiamo”.

Sfogli il menu e l’occhio cade sulla polenta concia, la classica, poi scorri e ti soffermi sul risotto giallo con pancetta e zucchini, anzi no. Ancora oltre ci sono i ravioli alla paletta e toma Pian Bres al burro e salvia, salume e formaggio del territorio.

Lei intanto pensa alle parole che dirà: “Mi prendi in contropiede, non mi aspettavo di finire sul giornale. In effetti dobbiamo un grazie ai nostri genitori, Lidia e Roberto, che ci sostengono. Avere una famiglia alle spalle è la nostra grande fortuna. E c’è anche Giulio, il ragazzo di mia sorella. Certo, in questo mestiere interviene la passione, altrimenti non ce la fai. Carlo lavora con il cuore; già anche suo papà, Marco, era cuoco, sempre al Santuario”.

Parte poi la discussione sulla fotografia da mettere a corredo dell’articolo. Carlo lamenta la trota sul fuoco, che si brucia. Anna si mette le mani nei capelli, Chiara è la più solerte. Poi in effetti, in quattro e quattr’otto tutti in posa sfoderano un sorriso. Perché capita così ad Oropa, ci vai per porre fine ad una giornata “calda”, ma è lì che ne inizia un’altra che porta a raccontare una storia tutta biellese.

testo e fotografie di Anna Arietti





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