mercoledì 20 novembre 2019

L'imprevisto


Non era una giornata come le altre. Potevo immaginarlo fin dall'istante in cui misi piede giù dal letto e pestai la tazza con la tisana avanzata la sera prima. Il monito rimase rovesciato sul pavimento, non influì sulle decisioni. Chi mi conosce lo sa. Amo camminare e anche quel giorno uscii a fare due passi.


Contemplai gli alberi che fiancheggiavano la strada da un lato, i colori delle ultime foglie, del giallo, dell'arancio, del marrone, e le case dall'altro, i vecchi portoni, nei quali adoro infilare lo sguardo. Trovo curioso - per ragioni buone - constatare la cura che certe persone mettono nel recupero di una gerla, nella creazione di un omino saldando insieme dei tondini di ferro o nella collezione di piante succulente. Sono vampate di creatività altrimenti tramortite da un quotidiano costretto. E poi... e poi superato l'antico oratorio, appena oltre il ponte, imboccai il sentiero in salita. Raggiunsi la cima della collina procedendo su scalini in pietra dagli spigoli smussati. Quando iniziò a piovere ero nel bosco. Avendo ignorato pure le previsioni, non avevo ombrello; indossavo giusto giacchina e cappello. "Tornerò zuppa, macheimporta - pensai -. La pioggia appartiene alla vita, come i tronchi scuri, le foglie lucide ed io".

Costeggiando il torrente, a monte di una cascata, sostai nella pineta a fotografare le amanite, i funghi delle favole, rossi con i puntini bianchi, e ad accarezzare cuscini di muschio. Rimuginavo le solite visioni. L'aria era pulita, da vertigini. Ma non poteva essere soltanto quiete, o sarebbe stata una noia. 

Sentii, o forse non sentii nulla, capitò e basta, di scivolare sulle pietre bagnate. A nulla valsero le scarpe tecniche anti qua e anti là. Un piede piombò nell'acqua schizzandomi e a seguire ci finì pure l'altro. Mi bagnai tutte le gambe. Nel tentativo misero di aggrapparmi, finì a mollo anche un braccio. "È fatta" pensai, così, invece di risollevarmi, iniziai a ridere, immaginando i caprioli che osservavano sempre più diffidenti questi umani. Nel fumetto finì anche la macchina fotografica, trascinata subito dalla corrente del torrente. La recuperai all'ultimo instante. Fu tutto un imprevisto infantile, gioioso, surreale. La bellezza va accolta quando arriva.

Sulla strada del ritorno, attraversai di nuovo il paese. Osservai un gatto che faceva capolino da dietro la tenda, considerai i fiori di un vaso e le nuvole basse, cariche di fascino tenebroso. I miei indumenti umidi si dissolsero in un nonnulla; la stessa cosa la auspicai per gli eventuali acciacchi nei giorni seguenti.

Anna Arietti

La passeggiata che ispira il racconto si trova in Valle Cervo, località Sagliano Micca. Si può individuare come "Itinerario naturalistico Sagliano Micca - Santuario di Oropa".


La chiesetta menzionata è l'Oratorio della Santissima Trinità. L'edificio, a pianta ottagonale, risale al 1700, anche se ci sono fonti che lo citano già agli inizi del Cinquecento, come si deduce anche da un affresco attribuito al pittore milanese Daniele De Bosis.


Il corso d'acqua a cui si fa riferimento è il rio Morezza, affluente del torrente Cervo.





Ringrazio Lucia Candelone per l'escursione.

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