sabato 28 ottobre 2017

Salviamo i passeri

 

Il passero, uno dei pochi uccelli che pressoché tutti sanno riconoscere, sta sparendo dalle città e anche dalla campagna. Il campanello d’allarme scatta a livello nazionale e desta attenzione sotto il profilo ambientale, in termini di conservazione dell’avifauna italiana. Quali sono le cause? Ci sono rimedi? Agli interrogativi risponde l’ornitologo biellese Lucio Bordignon.

“Partendo da un’analisi emozionale, mi piace pensare ai passeri come li ricordo da bambino, quando ce n’erano tanti, come pure le libellule – spiega -. La loro scomparsa la vivo come una parte di me che non esiste più. Detto questo però, le modalità per farli tornare esistono”.

Le due specie presenti sul territorio sono la passera mattugia, Passer montanus, e la passera d’Italia, Passer italiae, o semplicemente passera. “La mattugia predilige la vita agreste, dove ci sono prati, piccoli seminativi, campi di cereali, frutteti, orti o piccoli pezzi di incolto – prosegue -. Nelle zone di collina la mattugia incontra molte aree occupate da bosco, spesso abbandonato, o terreni vitati. In pianura trova terre coltivate senza la presenza di alberi. Le manca quindi l’estensione, lo spazio dove nidificare, il terreno incolto, erbaceo, la siepe. Per fare un’esempio, un tempo c’erano i salici e i gelsi, che venivano cimati tutti gli anni ad una certa altezza. A forza di tagliarli, nei tronchi si formavano delle cavità dove loro nidificavano. Il calo della popolazione della passera mattugia è da ricondursi anche all’acuirsi di cure chimiche in agricoltura, di diserbanti, di concimi di sintesi e di insetticidi che hanno impoverito l’entomofauna, tanto da lasciare le coppie di passeri senza gli insetti che sono il nutrimento per i piccoli”.

La passera d’Italia invece predilige il tessuto urbano, ma con alcune preferenze. “Vive vicino alle case, ai parchi, ai giardini o dove ci sono siepi, per potersi nascondere alla minima percezione di pericolo. Non disdegna neppure le cascine tipiche della pianura biellese, dove trova sostentamento invernale nel becchime degli animali da cortile. Segnali questi che fanno comprendere come la scomparsa di pollai e orti, non più numerosi come un tempo, incida sul decrescere degli esemplari”.

Le misure da adottare per contare sul ritorno delle due specie, che pur appartenendo alla stessa famiglia dei passeridi vivono in gruppi distinti, sono a “portata di mano” nel senso stretto del termine, ossia dipende dall’uomo. “A mio avviso la popolazione è andata a ridursi a partire dai primi anni Novanta. Soltanto di recente sembra essersi stabilizzata. La questione è che facendo il nido nelle cavità, mancano di fatto i buchi di cui hanno bisogno. Oggi molte case sono ristrutturate e le tegole cementate. La scomparsa si rifà anche a motivazioni ambientali. L’agricoltura intensiva da reddito dovrebbe essere meno aggressiva. Servirebbero frazioni di terreno incolto e filari di alberi su cui sistemare cassette da nido. Come abbiamo spiegato, mancano i piccoli orti, che sarebbero tra l’altro un’ottima risposta sia economica che di cibo sano per le nostre famiglie. Servirebbero siepi, anche spinose, che fungano da rifugio – conclude Lucio Bordignon -. Sarebbe poi buona pratica, in inverno, mettere a loro disposizione un po’ di granaglie: un aiuto concreto per ricreare il loro ambiente”.

testo di Anna Arietti
fotografie gentilmente concesse da Franco Lorenzini
pubblicato su cartabiancamedia.blogspot.it e .com il 24 ottobre 2017

Immagine di copertina: passera d’Italia
Immagine fondo pagina: passera mattugia


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