mercoledì 9 settembre 2020

Il Canto di Eva (di Suor Elena Gozzi)


In questo mosaico della discesa agli inferi colpisce la dolcezza del viso di Eva: su di esso non è dipinto il sonno della morte ma il risveglio della vita. Quelli di Eva non sono gli occhi chiusi di un morto ma sono gli occhi socchiusi di chi si risveglia. Sono gli occhi socchiusi di chi si fida. Quando ci si fida... ci si abbandona ad occhi chiusi. Eva si abbandona fiduciosa alla mano di Colui che sa. Sa come fare. Se sa amarla. Sa come tirarla fuori.

Ci sono tante mani attorno ad Eva. È tutta mani e braccia. Innanzitutto ci sono le mani e le braccia di Gesù che la liberano dalla morte. Con la mano destra il risorto ridà il battito al polso spento di Eva; mentre con il braccio potente dà la forza e la donna si può aggrappare ad esso con tenerezza. Con tenerezza, non con ansia o timore perché sa che non lo perderà mai più. Gesù Signore come prode guerriero, con la sua folle arma invincibile, spalanca le fauci del nemico che stritola la vita e libera dalla sua stretta coloro che gli appartengono. 

La tua destra, Signore, è gloriosa per la potenza, 
la tua destra, Signore, annienta il nemico (Es 15,6)

Il Signore è un guerriero (Es 15,3)

Il Signore Gesù morto e risorto combatte per liberare i prigionieri dal sonno mortifero. La mano destra di Gesù prende il polso di Eva e lei appoggia il capo per sentirne il battito. Che dolce suono! Che melodia soave! Il suo capo poggiato sul battito di Vita richiama il capo di Giovanni sul petto di Gesù (Gv 13,25). Solo non c'è più quella drammaticità. Poi ci sono le mani di Eva: la mano sinistra dice abbandono fiducioso e la destra, tenerezza decisa. Vediamo infine il braccio di Adamo che la avvolge quasi a proteggerla e sicuramente, riconsegnarla a Dio. Il braccio di Adamo fa quello che avrebbe dovuto fare nel giardino: proteggere Eva da se stessa e condurla all'incontro con Colui che passeggia alla brezza del giorno e del quale si ode il rumore dei passi (Gen. 3,8). Il Signore Dio arriva facendo rumore. Si fa sentire. Lo si sente arrivare nel giardino, di giorno con i suoi passi. Il serpente invece non fa rumore. Arriva e basta. Striscia e quindi non si avverte il rumore del passo. Arriva ed è già troppo tardi. 
Che rumore assordante deve aver prodotto l'ingresso del risorto agli inferi! Solo che questa volta il rumore non è legato al passo del Signore ma alla bocca del serpente antico che finalmente viene messo a tacere dal Risorto che gli spalanca le mandibole. È il rumore della rabbia per aver perso le sue prede preferite cioè coloro che ascoltano le parole sussurrate a mezza bocca, senza far rumore appunto, ma che tolgono la vita. 
Eva finalmente può ascoltare il ritmo del battito risorto che porta la vita. Dalla bocca spalancata del nemico che non può più parlare ma solo emettere suoni rabbiosi, al polso che parla con il ritmo ordinato dell'Amore. Amore fatto di gesti vitali non di parole seducenti ma ingannatrice. Eva rinasce nella fiducia e nell'abbandono. 
Il Signore viene come un eroe lanciando l'urlo di guerra con la sua potentissima arma che è l'Amore. Ha fretta di ridare vita alla vita rimasta troppo a lungo soggiogata.

Il Signore avanza come un prode,
come un guerriero eccita il suo ardore;
grida, lancia urla di guerra,
si mostra forte contro i suoi nemici. (Is 42,13)

In questa battaglia resta un unico potere al nemico: quello di emettere il suo sibilo inquietante. Il nemico può solo far paura ma nient'altro! Non può più chiudere le fauci perché l'amore tiene bloccate le sue mandibole terrificanti. La donna può continuare a star nella bocca del drago perché il braccio del Morto Risorto le dà forza e vita. Stare nella bocca del drago equivale a essere come la donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi (cfr. Ap 12).


Il drago

Sempre
ad ogni lancetta
in ogni lembo di terra
in ogni oriente di vita
il drago sopito
spalanca l'occhio malvagio
Mi cerca!
Non mi dà tregua!
Sempre si risveglia!
Nessuna caverna
lo vede in letargo.
Il canino aguzzo
affonda pronto
nella carne oppressa



Urlo

Tutto questo tempo
ad annoiar me stessa
tra dirupi scoscesi
a inseguir via non mia

Tutto questo tempo
ad innamorar me stessa
tra aride steppe
e ammirar bellezza decrepita

Tutto questo tempo
ad accontentar me stessa
dentro un vestito vecchio
e convincermi che va bene

Tutto questo tempo
ad indugiar me stessa
su soglia splendida
e rinviare Calice e tuffo

Tutto questo tempo
preme il momento
a lasciar urlare il silenzio
che qual fiamma accende i sensi
e dice
FAMMI USCIRE

Urlo
DOVE SEI?
Toglimi questa manetta
     che mi tiene
Fammi respirare la tua fiamma
     che quest'aria mi soffoca
Sorreggi il mio piede
     che affonda in melma viscida
TIRAMI FUORI
     dal desertico buio freddo

ATTIRAMI
CON L'URLO FIAMMEGGIANTE
DELLA TUA VOCE



La donna di rosso vestita

Cavalca la Croce
Colui che viene a salvare.
Dalla sua bocca
profumo di spada
apre narici sconcertate
e il braccio vitale
scherma cieca paura.
L'affondo guerriero
bracca il nemico,
ma senza annientare,
quasi a sperare
di vincerne il male.
Con la museruola tra i denti
del drago ammansito
resta solo il ruggito.

Dall'oceano di pace
emerge la donna
che nell'ultimo calice
viene intinta di Lui.
La bocca come corolla
schiude la donna
che qual esile stelo
sboccia i colori della primavera.
E il legaccio
non più chiusura di gabbia
ma guinzaglio
a portare il tramortito drago.
Nella culla rovente
si abbandona dormiente
all'infinito braccio
che steso la tiene.

Tra le Tue braccia
mi lascio intingere
nella bocca del drago.
Vivo di te, e per Te
convivo con lui.


Suor Elena Gozzi
testo tratto da "Sassi e colori - Via alla Bellezza"
- novembre 2009 - 


Sacrestia della cattedrale di Santa Maria Reale dell'Almudena
di Padre Marco Ivan Rupnik
Madrid - Spagna


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