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sabato 7 gennaio 2017

Il deserto di Nilufer




 

In quella sperduta oasi nel deserto, l’acqua era sempre stata un lusso; ma ora  l’unica sorgente da cui dipendeva la vita dei 12  piccoli villaggi intorno sembrava essersi completamente esaurita.

Mettersi in cammino alla ricerca di un’altra fonte sarebbe stato estremamente rischioso.

Quasi mai nessuno si era mosso da lì; e chi lo aveva fatto o era sparito nel nulla o era ritornato sui suoi passi al limite delle forze. 

 

Il passaggio di carovane o di viaggiatori stranieri era un evento che solo i più anziani serbavano nella memoria come qualcosa di straordinario.

Ora che la sorgente aveva smesso di zampillare e lo stagno si stava prosciugando a vista d’occhio e l’acqua delle tinozze era quasi finita, senza dire nulla ognuno in cuor suo si era rassegnato a morire. Sarebbe stato impensabile avventurarsi in cerca di fortuna.

Chiunque sapeva che oltre il deserto roccioso – il cui attraversamento avrebbe richiesto un mese di cammino con buona scorta d’acqua e di frutta -  si trovava  la zona delle grandi dune, dove i venti di tutti i deserti si davano appuntamento ogni notte, ed il cui rumore sordo e cupo era tale e talmente prolungato da mettere alla prova i timpani del più forte e robusto dei viaggiatori. 



Il vecchio capo villaggio Anil si fece ripetere più volte le parole della giovane  Nilufer:

”Andrò io al di là del deserto. Non ho niente da perdere!”,

Era chiaro che la giovane – orfana dall’età di sei anni – non stava scherzando.

Lo guardava fisso. Nei  suoi occhi scuri come le notti senza luna c’erano determinazione e risolutezza.

“Lasciami andare. Io non sono indispensabile al villaggio, gli uomini invece sì, non possono abbandonare le loro spose e madri e i loro figli in un momento così difficile”.

Anil le voleva bene come ad una nipote. L’aveva presa sotto la sua protezione  quando l’anziano nonno della giovane -  il precedente capo villaggio -  era morto. Ma allo stesso tempo sapeva che Nilufer diceva il vero: lei non era indispensabile al villaggio.

Era sola al mondo

 Lavorava sodo e aiutava tutte le famiglie, ma non aveva particolari capacità.

Nessuno – nei dodici villaggi – l’aveva mai chiesta in moglie, nonostante il bell’ovale del viso incorniciato da lunghissimi capelli neri, la carnagione ambrata e il corpo sano e snello.

La consideravano un po’ matta per via delle favole che amava raccontare ai bambini nelle notti pungenti, quando ci si sedeva attorno al fuoco. Parlava di paesi dai paesaggi improbabili che esistevano solo nella sua immaginazione. 
Una dote assolutamente inutile a quella latitudine, dove la lotta per la sopravvivenza era sempre appesa ad un filo di pioggia, evento raro e benedetto con preghiere speciali. 

 

Nilufer partì – all’insaputa di tutti -  nel silenzio di una notte stellata, recando con sé acqua, frutta e la tripla benedizione di Anil.

Di giorno si accovacciava sotto alle rocce o all’ombra di uno dei rari cespugli, e viaggiò di notte finché ci fu la luna ad illuminarle il cammino. Poi dovette  affrontare giorni cocenti, finché una sera capì di non essere in grado di proseguire oltre.

Era ormai l’imbrunire.

Le dune brillavano in lontananza sotto agli ultimi raggi della luce d’oro. 
Erano bellissime. 
 

La giovane aveva una sete tremenda, era esausta, aveva fallito la sua missione, la sua vista era offuscata dalla stanchezza; ma quelle montagne di sabbia erano così come le aveva sempre immaginate, ancora più belle di come gliele aveva descritte il nonno, uno dei pochi ad averle attraversate indenne.

Completamente assorta nella magia di quegli ultimi lembi di tramonto, non avendo più forze da risparmiare né messaggi da portare, lasciò scivolare le sue poche energie verso il suo unico vero talento: quello di immaginare mondi.

Non dovendo più trattenere la propria fantasia ‘per non confondere i bambini’ – come temevano le famiglie dei dodici villaggi – in un attimo si trovò seduta sulla riva di un mare su cui galleggiavano grandi fiori bianchi, ed uno – al centro di tutti, proprio davanti a lei – era enorme e sembrava attenderla, come se le stesse tendendo una mano invisibile, anche se i fiori non hanno mani. 


 
E lei – che del mare nulla sapeva, se non quello che il nonno aveva udito a sua volta dal suo nonno, un uomo dalla pelle chiara che proveniva da molto lontano – camminò senza paura nell’acqua immobile che le arrivava al petto, si aggrappò ad uno di quei grandi petali e si accovacciò al centro della corolla che subito si mosse dolcemente. Navigarono insieme per chissà quanto tempo, ma il tempo non ha importanza quando si è avvolti dalla  felicità. 




Viaggiando su quell’insolita zattera giunse ad un mondo dove la sabbia era strana, bianchissima e fredda e ricopriva gli alberi e tutti i cespugli; e l’acqua, oh l’acqua era così abbondante che si permetteva di giocare con il vento della notte e al mattino ogni sorgente era un giardino di fiori   di ghiaccio, e l’aria era gelida, ma Nilufer la respirava a pieni polmoni e si sentiva più forte che mai. 


   

Si risvegliò alle luce  dell’alba, si alzò, percorse pochi metri verso il sole e vide una distesa d’acqua  così insolita e bella come  mai ne  aveva immaginate.  Tutto il blu, il rosa e il bianco del mondo dovevano essersi riuniti lì, in quella conca sperduta, solo per essere visti da lei – e non le interessava capire se quella meraviglia fosse la morte o piuttosto una rinascita, tali  erano la sua gratitudine e la sua incontenibile gioia. 


Testo e immagini di Enea Grosso



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Dai miei - disordinati! - diari di viaggio fotografici: 
- deserto del Gobi
- Isola di Ouvea (Nuova Caledonia)
- la Strada dell'Alpe (sentiero della transumanza nell'Oasi Zegna, Biella)
- Laguna Colorada in Bolivia. 

Nilufer è un nome turco che significa 'fiore d'acqua'. Almeno così mi disse tanti anni fa  una gentile ragazza  turca seduta accanto a me e mia mamma durante il mio battesimo dell'aria da Milano a Istanbul. Prima o poi andrò a cercare la lettera che reca la firma di quella momentanea compagna di viaggio con tanto di fiore disegnato accanto al suo nome.