Se qualcuno ancora pensa che i musei siano luoghi vetusti e polverosi, questa forse può essere l'occasione per aggiungere un po' di colore alla propria idea. Accettare la sfida vuol dire percorrere un breve viaggio nella cultura di un territorio, quello Biellese, creativo come pochi, che sa proporsi, e inventarsi, anche dove sembra non esserci più nulla da ottenere. Per dirla alla maniera locale: “sa tirar fuori sangue da una rapa”. L'espressione è po' forte, ma slega i pensieri e prepara alla visita del Museo laboratorio del Mortigliengo, in frazione Mino di Mezzana Mortigliengo, dove a fare da Cicerone c'è Fabrizio Calatti, 44 anni, uno degli operatori selezionati dalla Rete museale biellese che, come scopriremo, è interessante conoscere.
A Mezzana si giunge per un appunto non proprio glorioso: è la cellula che nel 2016 conta l'affluenza più bassa, appena venticinque visitatori. Gli ecomusei sparpagliati sul territorio sono ventitré. A detta delle chiacchiere, la causa sarebbe da ricondurre alla posizione, “fuori mano”. La motivazione, oltre ad essere soggettiva, è anche subita smentita da Fabrizio: “A ben guardare, direi che è vero il contrario. Siamo a dieci minuti da tutto, dall'Ex mulino Susta, da Bondarte e dalla Fabbrica della ruota; solo per citare altri punti di interesse. Senza timore di sbagliare indico l'Ecomuseo di Mezzana come il più completo dell'intera Rete museale. È quello che meglio si integra con l'ambiente. Sarà che la casa che lo ospita risale al 1800 e l'ultima ristrutturazione importante è datata 1807, come si legge su uno stipite. Il che è un privilegio che ci permette di ricostruire due secoli di vita rurale, dalla conservazione della castagna alla spremitura delle noci, dalla lavorazione della canapa alla produzione dell'aceto di mele - il racconto di Fabrizio, già guida naturalistica, con il sogno, per ora nel cassetto, di diventare insegnante di storia, si scalda, coinvolge; non è la spiegazione fatta per dovere -. I vecchi raccontano che la prima persona incontrata da Cristoforo Colombo, quando sbarcò in America, fu un uomo del Mortigliengo che vendeva aceto. Sarà pure soltanto una nota di colore, ma cela una piccola verità. Infatti, se della castagna se ne faceva un consumo casalingo, con la produzione di aceto si dava vita ad un commercio, raggiungendo un ampio bacino di consumatori”.
Nella casa-museo sono esposti oggetti che risalgono alla metà del 1700, in gran parte funzionanti, di infinito valore culturale.
“In cucina c'è una chicca che devo proprio mostrare. E' una creazione dell'ingegno – prosegue il Cicerone, indicando il percorso fra un locale e l'altro -. E' una bottiglia di birra trasformata in una piccola zangola, l'attrezzo utilizzato per fare il burro”. In cantina, i racconti si fanno ancora più frizzanti, come i fumi dell'alcol, in una sorta di ripicca meditata dai vinai di un tempo per attrarre i visitatori di oggi. La visita al museo si conclude con alcune osservazioni, condivisibili. “Non se ne può più di chi si lamenta che nel Biellese non c'è nulla. La cultura del Museo e il paesaggio vanno soltanto vissuti, magari con un pizzico di lungimiranza, quella mancata in passato, quando i soldi da investire nel turismo ci sarebbero stati. I giovani guardano agli antichi oggetti come ad un buco nero, perché non li hanno vissuti. Spetta a noi, che ne abbiamo un ricordo vivo, tramandarne la bellezza. I visitatori stessi, con le loro esperienze, ogni giorno li spolverano, creano una linea d'unione fra passato e presente. Tutto questo ha valore perché sono convinto che una pianta senza radici non abbia futuro - conclude Fabrizio Calatti -. Voglio pensare al Biellese come ad una signora che è bella perché sorride e non perché porta il trucco”.
Anna Arietti
(testo e immagini)
Invito a verificare gli orari di apertura prima di recarsi all'Ecomuseo.
la casa-museo |
Il complesso ecomuseale presenta al piano terreno l'attrezzatura per produrre l'olio di noci, la cantina e la stalla. Al primo piano si incontrano la falegnameria e la cucina; al secondo livello si trovano la camera da letto e i locali per la filatura e la tessitura della canapa. Nel sottotetto è documentata la conservazione della castagna.
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