domenica 13 ottobre 2019

I bambini di pietra


Il giardino è per me un luogo di intesa e di armonia. E l'idea mi ritorna in quel tardo pomeriggio fra gli alberi e il frinire di cicale. Qualcosa però mi chiede più attenzione. Sono le piccole statue dei bimbini in pietra, ognuno con un berretto rosso lavorato a maglia, colore che protegge e dà sicurezza, circondati da giochi e piccoli cumuli di sassi.

Sentai Kosodate Jizō è il giardino dei bambini non nati, abortiti o nati morti, delle cui anime si prende cura il monaco dallo sguardo buono, Jizō, sorvegliante anche dei viaggiatori e delle tombe dimenticate degli antenati, custode di anime perdute. 

Il luogo consacrato al suo culto si trova accanto al tempio buddista Zōjō-ji di Tokyo. Jizō, Ojizo-sama o Jizō Bosatsu si può tradurre come "utero della Terra", grembo, mātrix, origine, fonte. Ji significa Terra e Zo grembo, utero. Il rituale di venerazione si chiama Mizuko Kuyo, letteralmente acqua bambino, di cui trovo traduzione come "servizio commemorativo del bambino in acqua", per associazione al liquido amniotico.

La devozione trae origine da una storia mitologica, dalla presenza di una sorta di purgatorio, Sai No Kawara, tradotto come "sforzo inutile", in cui i demoni portano le anime dei bimbi. "Inutile" perché coloro che vi approdano, difficilmente riescono ad andarsene. Spetta a Jizō salvarle dall'eterna penitenza, nascondendole sotto alla sua tonaca. Impilare pietre rappresenta l'aiuto delle famiglia nella costruzione di un sostegno, affinché i bimbi possano attraversare il fiume e salire sulla barca che li porta verso la pace eterna, o la rinascita, ma simboleggia anche l'accumulo di buoni azioni terrene. Della storia trovo trascrizioni diverse. Ricorda comunque la versione greca di Caronte, il traghettatore di anime.

Le girandole sorrette da ogni singolo busto creano un effetto vivace, allegro, di cui non trovo spiegazione. Che siano altri giochi? Oppure no. Ad osservarle arriva un'ispirazione che tengo buona. Improvvisamente m'investe una folata di vento e le rose colorate iniziano a volteggiare tutte insieme, producendo un sibilo simile a un batter d'ali. È un istante che sento vivido ogni volta che mi torna il pensiero. È il soffio dell'amore, della compassione. È un'anima che anela alla meta, che salpa. E sarà così per ogni refolo, per ogni bimbo. 

Si avvicina la sera e io sento di più la sacralità del luogo. Gli alberi si prendono la rivincita, creano giochi d'ombre che si allungano su altre statue a grandezza d'uomo. Fra loro individuo Jizō; nella mano sinistra regge il cintāmaṇi, il gioiello in grado di esaudire ogni desiderio, mentre nella destra stringe un bastone alla cui estremità sporgono dei sonagli con cui avvisa gli insetti del suo passaggio, per non calpestarli. Mi soffermo sui suoi occhi socchiusi. Cerco la sua consapevolezza. 

Anna Arietti
testo e fotografie






なでしこや地蔵菩薩の跡先に
Nadeshiko ya
Jizō Bosatsu no
ato saki ni

Blooming pinks
behind and in front
of Saint Jizō
(haiku by Issa)

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