lunedì 29 febbraio 2016

Titina e il Poeta del Lago di Viverone

Titina e il Poeta del lago
Testo e immagini di Enea Grosso





Con la primavera giunse il momento delle scampagnate fuori porta. Era una bella giornata di sole, e la Titina era già tutta in fibrillazione. “Adoro il sole”, mormorò fra sé, socchiudendo gli occhi completamente immersa in quell’attimo meraviglioso.

“TITIIIINAAA! GITAAaaaaa! “. Ecco: quello era un tipo di richiamo al quale rispondeva subito. 

Cominciò a saltellare come impazzita – quasi stesse per spiccare il volo – e iniziò letteralmente a volteggiare nell’aria, quando comparve il guinzaglio: il segnale della festa (qualche volta anche del veterinario, ma riusciva a distinguere le situazioni “ a pelle”).
Non appena tutta la famiglia fu pronta – con libro, frutta, occhiali da sole e cane – l’auto si avviò verso il cancello. Alla Titina piaceva da matti appollaiarsi sulle ginocchia di chiunque fosse seduto sul sedile anteriore, con il musetto tutto proteso verso il finestrino. Adorava l’aria tiepida e il paesaggio.
Quando vide le prime colline con i filari di viti, seppe che non erano lontani dalla meta. 





Il lago non era tanto grande. Dal bordo si poteva percorrerne facilmente tutto il perimetro con lo sguardo: era l’ideale per una scampagnata nel primo pomeriggio. Si raggiungeva in nemmeno mezz’ora di guida.
C’erano poche persone. “Per fortuna”, pensò, “così stiamo più tranquilli e mi tolgono il guinzaglio”. Perché sì, la Titina esultava per collare e guinzaglio solo in quanto sinonimi di gita. Poi ne avrebbe volentieri fatto a meno.
Essendo un pomeriggio su settimana, le poche persone erano prevalentemente impiegati in pausa pranzo in cerca di un angolo tranquillo in cui mangiare il loro panino. C’era poi una coppia di mezza età, che si godeva il lungolago camminando lentamente.
Essendo il posto tranquillo, e la Titina una cagnetta a modo, si udì ben presto il “click” che la dichiarava libera. Il guinzaglio cadde a terra e lei iniziò a divertirsi davvero. 


Che gioia strusciarsi sull’erbetta tagliata di fresco ed esplorare - con discrezione – sotto alle panchine e in mezzo ai cespugli ai bordi della passeggiata.
Ma soprattutto, quello che più le dava soddisfazione era prendere la rincorsa e …un due tre via! E senza quasi respirare, lunga affusolata come un razzo, buttarsi a pesce tra le foglie di ninfea e SPLASH! Per riemergere come un sirena un po’ pingue e pelosetta, con un’ alga sul naso, tra le anatre perplesse da tanto entusiasmo. Eh già, per loro l’acqua non era certo una novità… tanto meno per i pesci, che si erano tutti allontanati giusto in tempo prima del tuffo del missile. 





“Fai un po’ cuccia, Titina, dai, c’è gente”. In effetti c’era un nuovo gruppetto di persone sedute sul prato lungo la riva.
Curiosa e socievole com’era, la neo sirena, scuotendosi e asciugandosi sull’erba, fece in modo d’andare casualmente proprio verso di loro. Ma proprio per caso. Aveva capito che non doveva disturbare.
Oh, già. Una cagnetta-sirenetta ubbidiente.
Finse d’inseguire un insetto immaginario, e in poche mosse si trovò a mezzo metro dai nuovi arrivati.
Non la notarono subito, così ebbe modo di osservarli.
Erano adulti, e si mangiavano i loro panini in totale beatitudine. Dagli abiti piuttosto sportivi non erano impiegati. Forse dei muratori? Mmmmm… Assaporavano il loro spuntino e la luce del lago come se fosse la prima volta.. Eppure non sembravano nuovi del posto. Titina era molto incuriosita. Erano dei soggetti interessanti. Avevano uno sguardo che ricordava quello rapito dei bambini davanti a qualcosa di veramente bello.
Le venne in mente che una volta aveva sentito parlare dei poeti. Non sapeva bene chi fossero e cosa facessero; ma la vista di quelle persone le riportò alla memoria la parola. “Poeti”.
D’un tratto uno di loro, in tono tranquillo, come se esternasse ad alta voce un pensiero del cuore, disse:”Le anatre … Sono belle!”.
E disse quel “belle” con tale dolcezza e convinzione, che Titina non ebbe più dubbi: finalmente aveva visto un poeta.
Sentì vibrare qualcosa nel profondo del suo cuoricino di cane e spontaneamente si voltò a guardare le anatre come non aveva mai fatto prima. 




Ai suoi occhi erano pennuti al pari delle galline, con il pregio di saper nuotare molto bene. E la loro apparente imperturbabilità l’aveva sempre stuzzicata…Che soddisfazione turbare un po’ il loro fluttuare silenzioso e perfetto.
Ma era vero, erano belle. Con quella testina cangiante di penne lucide, sembravano piccoli gioielli galleggianti. Notò lo stesso riflesso smeraldo anche tra le penne di una femmina che si faceva la toeletta con le zampe a bagno, tutta immersa nelle sue faccende, distaccata dal resto, incurante dei suoi osservatori.




“Ecco cosa fanno i poeti: vedono la bellezza delle anatre. Devono essere proprio persone speciali”.
“Oh, che carino!”. Lì per lì non si accorse che stavano parlando di lei.
“Ciao, piccolo…Vuoi?”. Il Poeta le porse un pezzetto di pane. Allora gli si avvicinò per ricevere la carezza sospesa a mezz’aria. “Come sei carino!”.
Che giorno fortunato. Il Poeta aveva visto ed apprezzato anche la sua bellezza, e la stava mostrando ai suoi amici. Avevano tutti lo sguardo limpido dei bambini, e degli occhi molto particolari. Erano tanto gentili……
“Su ragazzi”, disse ad un tratto, in modo amichevole ma deciso, un tipo vestito di nero, con un collare bianco e l’aria del capogruppo. Difatti lo era.
“Raccogliamo carte e bottiglie,salutiamo il cagnetto …”, e così dicendo la accarezzò “e torniamo al pulmino. E’ ora di rientrare in istituto”.
Quel signore non aveva gli occhi come gli altri; erano ordinari, come quelli del suo padrone, di sua moglie e della piccola Lela. Non erano occhi da adulto-bambino, ma erano buoni comunque.
“Ciao, cagnolino, ciao…” sussurrarono tutti.
“Si chiama Titina!”, esclamò il padrone, che aveva osservato la scena.
“Titina! Una femmina! Ciao, ciao Titina”..
Rimase lì, dove l’avevano lasciata, scodinzolante in segno di saluto.
Adesso tutto le sembrava bello. Anche quegli esibizionisti dei cormorani, che si tuffavano di continuo tra le acque in cerca di cibo…Ma le anatre, le anatre le sembravano ora la cosa più bella del lago, gioielli fluttuanti tra il verde e l’azzurro.
Nessun altro, all’infuori di lei, sembrava essersi accorto della presenza dei poeti. “Che strano”, pensò. “La gente è distratta…”, rifletté fra sé.
“Poverini”, mormorò la moglie del padrone. “Che vita... “
Il cane non capiva. “Poverini chi? I poeti? Oddio, non solo la gente è distratta, ma proprio non capisce niente”.
Un po’ dispiaciuta, ma d’altro canto orgogliosa della propria finezza d’intuito e del privilegio avuto, si accucciò soddisfatta della giornata.
Sapeva di avere ragione. Chi, se non un vero Poeta, avrebbe potuto aprirle occhi e cuore alla bellezza delle anatre con tanta semplicità? Con quattro semplici, intense parole appena sussurrate?
Il cielo nel frattempo si era rannuvolato un po’. Non c’era quasi più nessuno.
Sul prato lungo la riva era disteso un würstel morbido e peloso - marroncino e bianco - con un occhio vigile sulle anatre a bagno, e l’altro già aperto sul mondo dei sogni.




Anatreal lago di Viverone
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Nella foto: Titina nel cortile di casa. Il lago della TItina è il Lago di Viverone.