sabato 31 dicembre 2016

Haiku di capodanno. Panorama biellese da San Bernardo, Oasi Zegna. Fotogallery.


 

capodanno
tra cielo e terra
inizio d'armonia

ganjistsu wo
tenchi wagoo no
hajime kana

(Masaoka Shiki *, da 'Haiku', a cura di Elena Dal Pra, Oscar Mondadori, 2016)

San Bernardo, Oasi Zegna, Trivero (Biella).
Bastano pochi passi per raggiungere l'oratorio di San Bernardo nell'Oasi Zegna  e da lì assaporare l'armonia tra cielo e terra, lasciando lo sguardo tuffarsi tra i colori del cielo, le montagne intorno e i ricami dei rami degli alberi contro l'azzurro.


Dall'oratorio di San Bernardo lo sguardo può spaziare ben oltre il Biellese!

'Da qui vediamo la nostra casa!'

















La Chieisetta Alpina lungo la panoramica Zegna, ai piedi dell'altura su cui sorge il santuario di San Bernardo.



*Masaoka Shiki ( 1867-1902), fu un grande maestro di haiku che visse in un'epoca di grande apertura del Giappone verso l'occidente con conseguenti grandi cambiamenti culturali. Nel 1888 si ammalò di tubercolosi e assunse lo pseudonimo di Shiki, in riferimento ad un uccello che secondo antiche leggende cinesi canta fino a sputare sangue. Nonostante la sua malattia, condusse una vita molto attiva fino alla morte a 35 anni.
I suoi versi, nati da sofferenza e stoicismo, rivelano un grande attaccamento alla vita.

( Fonte:  'Haiku -  Il fiore della poesia giapponese da Bashoo all'800',  a cura di Elena Dal Pra, Oscar Mondadori)






venerdì 30 dicembre 2016

Haiku per il 30 dicembre e luci al Teatro Sociale Villani a Biella




andiamo a letto!
il capodanno
è cosa di domani


izaya nen
ganjitsu wa mata
asu no koto 

(di Yosa Buson, tratto da "Haiku",  a cura di Elena Dal Pra, Oscar Mondadori, 2016)



Un haiku che sembra scritto apposta per la notte tra il 30 e il 31 dicembre! 


Yosa Buson (1715-1783), durante la sua vita noto soprattutto come pittore, è oggi considerato uno dei quattro maestri dello haiku, con Bashoo, Issa e Shiki.
Lo haiku è la più più piccola forma di poesia esistente ed è formato da tre versi di 5-7-5 sillabe.
 

giovedì 29 dicembre 2016

Fili d'argento (versione 2016) - racconto di capodanno







 
Di lì a poche ore sarebbe arrivata  la fatidica notte di capodanno e tutti o quasi si sarebbero divertiti - chi per finta, chi per davvero.

Per una volta aveva deciso di  tenere   quel momento speciale tutto per sé, aprendo soltanto al silenzio  il  ribollire del cuore  fatto di ombra e di luci così  difficile da spiegare e condividere. 

La notte di San Silvestro arrivò  bella e  perfetta come il set di un film, con la luna grande e bianca ad illuminare qualche fiocco di neve nell'aria. 
Chissà se era l'inizio di una vera nevicata o se il vento aveva rubato quei fiocchi dalla cima del Monte Camino * per dare un tocco di festa ai paesi più in basso e alla baraggia** spoglia. 
Comunque fosse, l'atmosfera era perfetta per dare il benvenuto all'anno nuovo coi soliti buoni propositi  e per immaginare giorni sereni e metterli fin da subito nero su bianco - insieme ai propositi -  così da non perdere entrambi di vista già al sette di gennaio
Quasi senza accorgersene iniziò a scombiccherare qualche parola e piccoli scarabocchi su di un quaderno dalla copertina così bella  che avrebbe meritato pensieri ordinati e in bella scrittura
Le linee nere che si rincorrevano sulla pagina color avorio trascinavano con sé i grumi dei pensieri pesanti e li scioglievano nel fiume d'inchiostro che dopo qualche esitazione ora scorreva libero.
Continuando a scrivere come se da quello soltanto dipendesse il sereno dispiegarsi della notte, vide le parole staccarsi dalla carta e diventare sottili e bagnarsi di neve diventando  fili d'argento che salivano leggeri verso il culmine del cielo per poi ricadere come i fili luminosi di un enorme albero di Natale sul tetto del mondo. 
Gli angeli e tutte le creature invisibili dell'aria se li passavano di mano in mano e volando a migliaia ad ogni angolo del globo li posavano sui tetti e sugli occhi della gente e tutti i luoghi e le persone  furono avvolti  da una rete di luce buona e mai quell'angolo di universo era stato così luminoso. 
Al primo raggio di sole i fili brillarono più forte e si aprirono come la bocca di un  fiore  enorme dai mille petali da cui fuoriuscì una pioggia di minuscoli cristalli  d'argento. Al risveglio del mondo tutto brillava di una luce nuova. 

*Il Monte Camino domina la conca di Oropa a Biella.
**La baraggia è la tipica savana biellese. 


Ringrazio il fotografo Fausto Majocchi per aver messo ancora una volta a disposizione le immagini del suo archivio.





Un racconto scritto tanto tempo fa, riveduto, tagliato e corretto al punto d'essersi trasformato in un racconto nuovo per  augurare a tutti un anno luminoso e felice.

Enea Grosso

















Con lanterne d'affanno







Inseguiamo la gioia
con lanterne d'affanno
 - eppure sono certa
so che sono qui
tante strade stellate
a portata di cuore. 

(Enea Grosso)

Presepe Gigante, Mosso (Biella)


lunedì 26 dicembre 2016

"Ciao stélin"


Non c’è verso. L’unica fotografia concessa è presa di sbieco. Eppure Elvira sorride spesso ed ha il carattere per stare dietro al banco di un negozio di generi alimentari, quello che ha aperto da meno di un mese a Croce Mosso. Saltella di continuo, dall’affettatrice alla bilancia alla cassa. Dalla battuta pronta non si tira indietro, neppure se c’è da improvvisare uno sketch canoro, come quando entra un tizio con il quale intona “mi dispiace devo andare via, ma sapevo che era una bugia”, riprendendo la canzone che passa alla radio. Rende merito alla professionalità, quella vera che impegna senza guastare la vita.

Il dolce strappa “mmm”


Di solito in birreria si va per mangiare un tiramisù. Non fa una piega. Almeno non a Cossato, se il dolce al cucchiaio è quello preparato dalle mani di Stefano ed è portato in tavola da Anna, Cristina e Ombretta, magari accompagnato da un tè caldo.

mercoledì 21 dicembre 2016

Cossato (dedicato a Elaine Aglietti Devlin)


il campanile della chiesa di Santa Maria Assunta e uno scorcio di via Mazzini

Si parla di immigrazione, di extra comunitari, ma gli italiani sono stati e sono un popolo di emigranti. Elaine Aglietti Devlin originaria della frazione Aglietti, oggi vive a New York.

Aglietti ci parli della sua esperienza. 

“Mio nonno Corrado emigrò negli Stati Uniti nel 1926, divenne cameriere all’Hotel Waldorf Astoria; mio padre Franco lo seguì nel 1931. Entrambi sentirono la discriminazione almeno fino all’arrivo di una nuova ondata di immigrati, ai quali per altro spettavano sempre impieghi di manovalanza. Però, grazie a tutti gli immigrati è stata costruita l’intera rete ferroviaria; fu l’umiltà ad insegnare come essere americani. Mia nonna Florida si sforzò al punto da perdere quasi la propria identità; ricordo che si fece conoscere come Flora, poiché Florida era considerato stravagante. Solo oggi riesco ad apprezzare la vita semplice che trascorsero i miei nonni”.

Come vive le sue origini cossatesi ?

“Non ho avuto molta educazione italiana; mia mamma era irlandese, ma il sentimento italiano è la parte migliore di me. Quando torno a Cossato mi emoziono; vedo la casa, il pozzo nel cortile, la strada dove mio padre ed i miei nonni vissero, li sento ancora anche miei. Conservo molti oggetti portati da Cossato, in particolare sono affezionata ad uno ‘sgabellino’. Ancora oggi per i miei figli cucino baccalà e polenta, il risotto, il salame cotto, proprio come un tempo; sono i sapori della mia infanzia. Sono orgogliosa di avere un po’ di Cossato che scorre nelle mie vene, nel mio cuore”.

Oggi come viene interpretato lo stereotipo italo-americano ? 

“Esistono ancora due volti, l’immaginario popolare lo associa facilmente alla mafia,  poi segue l’ideale romantico del cibo, dell’amore, della bellezza”.

Anna Arietti
pubblicato su "La Nuova Provincia di Biella" il 29/03/2008
titolo: "Elaine Aglietti, da Cossato a New York"


la Cuntrà fréggia o via Don Giovanni Minzoni
torrente Strona

"The feelings of walking the ground, seeing the same places that my grandparents lived, filled my heart with love of my homeland. Forever I can remember the roads, the well, the house my dad lived in as a young child, and I can belong".
Elaine


via Martiri della Libertà


via Mazzini

dedicato alla memoria di
 Elaine Aglietti Devlin

lunedì 19 dicembre 2016

Fiocchi di nuvole


Sentiero dei presepi a Callabiana (Biella)

Non ho grandi cose 
da scrivere
Solo dei fiocchi 
di nuvole
scesi per caso 
a nascondersi
dentro di me. 

Enea Grosso


 

mercoledì 14 dicembre 2016

lunedì 12 dicembre 2016

A Masserano in un giorno di neve - Fotogallery, Via della Croce d'inverno

La chiesa della Salus Infirmorum di Masserano vista dalla frazione Rongio.
La Via della Croce - lungo la forra del Rio Bisingana tra Masserano e Curino (Biella) -  è una passeggiata adatta a tutte le stagioni. Fu pensata e realizzata da Don Luigi Longhi (1939-2007) con la collaborazione di 20 giovani artisti.
Ecco alcune delle stazioni  avvolte in un mantello bianco.

La porta d'accesso alla Via: "L'ultima cena di Gesù" di Mirta Carroli.



"Gesù lava i piedi agli apostoli", di Adriano Campisi.


"Gesù nell'orto degli ulivi" di Luisa Valentini.
E' un delizioso angolo ideale per un attimo di raccoglimento accanto al torrente. In fotografia  però rende poco: bisogna proprio venire a Masserano per vederlo!
Vi si accede scendendo pochi scalini ( sempre umidi e scivolosi di muschio!) che nelle intenzioni dell'artista rappresentano la discesa agli inferi, mentre i rami scuri sono il tormento interiore, i dubbi riguardo a Dio, la prigione, da cui ci si libera levando lo sguardo in alto verso lo  spiraglio di cielo tra i rami. La discesa verso il torrente simboleggia la consapevolezza e l'accettazione raggiunte, mentre l'acqua che scorre rappresenta  l'Amen finale.


"Gesù arrestato", di Paola Malato.
La figura alta ed eretta è Gesù - colui che accetta con calma consapevolezza quanto gli accade; mentre è sbilanciato - nel corpo e nell'anima -  chi porge il bacio traditore.



 "Gesù davanti a Pilato", di Giovanni Crippa, che così descrive la sua scultura: " Pilato è l'immagine del potere che rappresento con un parallelepipedo in ceramica nera...La stele che rappresenta Gesù è materia grezza, tormentata, segnata e reca l'impronta di un corpo umano intero, impresso nell'argilla fresca".

                                        

 "Gesù  carico della croce" di Teresa Bonaventura.



 "Gesù incontra le donne" di Patrizia Giambi, che scrive: " La strada è (...) il percorso della redenzione, ma anche l'occasione di perdizione, è il luogo in cui si consuma la vita. (...) Le mie donne non sono complete, sono soltanto annunciate, sono pelle ancora ridondante di sangue".


 "Gesù cade ancora" di Pina Inferrera:" Gli ideali di pace, fratellanza, tolleranza tanto predicati vengono cancellati dalla forza distruttiva dell'uomo sull'uomo".

"Gesù spogliato delle sue vesti" di Ornella Rovera.


Oltre la recinzione in ferro scorre il torrente Bisingana. Anni fa tra le pietre spiccava il volto di Gesù, cancellato dall'acqua e dal tempo, come voluto da Marco Porta, autore della stazione "Gesù asciugato dalla Veronica": "...sulla roccia non resterà nulla se non l'eventuale indicazione del numero della stazione e della sua intitolazione; un'assenza come quella della Veronica dei Vangeli".



"Gesù inchiodato alla croce" di Sergio Floriani: "Non ha senso soffrire, non è umano! Solo se si scopre l'insegnamento di Cristo "Per crucem ad lucem", la propria croce diventa leggera, strumento di purificazione, prospettiva d'amore".



"Gesù muore sulla croce" di Salvatore Fiori:" Sull'impalcatura sono inseriti alcuni elementi che ricordano l'urlo lanciato in cielo dal figlio di Dio e le forze del cosmo che si riversano sulla Terra.
Entrambi sono posti tra le figure simboleggianti il Sole e la Luna".


                                   
 
 Si può accedere alla Via della Croce anche da questo ponticello lungo la strada da Brusnengo a Curino.  A sinistra in basso in entrambe le foto si scorge l'anfiteatro, utlizzato per messe all'aperto e qualche volta per  concerti estivi.

Dopo aver superato il ponte, scendendo lungo la scivolosa scalinata a sinistra si accede all'anfiteatro;  girando a destra si percorre la Via Crucis al contrario; proseguendo dritti ci si ritrova alla coloratissima e gioiosa  chiesetta decorata all'interno e all'esterno dal pittore di icone Giuseppe Papetti;




Questa Natività (familiare a chi abbia visitato il Cremlino!), non ricalca il consueto quadretto familiare dei nostri presepi. 
Maria volta le spalle a Gesù Bambino  -  nella mangiatoia - sepolcro vegliato dal bue e l'asino -  ed è rivolta alle donne in basso. 
Giuseppe è appartato e pensieroso. 
Nella parte superiore spicca invece la triplice adorazione dei pastori, degli angeli e dei Magi. 
Lungo la parete in alto sfilano le sante in abito bianco come nella visione dell'Apocalisse - pronte ad intercedere per l'umanità presso Dio. 
Tutti i dipinti della Cappella della Trasfigurazione sono stati stesi direttamente sulle pareti senza disegni preparatori o sinopie.




Questa piccola cappella segnala il breve sentiero nel bosco che sale direttamente a Rongio Superiore. Percorrendolo ci si trova  alle spalle della chiesa di  Sant'Orso e Sant'Antonino, nota per la 'bundansia', il falò natalizio riportato in auge grazie a Don Vittorino Barale col sostegno della comunità di cui fu parroco per quasi 50 anni.

             

La scala dell'orto di Don Vittorino Barale

Il cimitero napoleonico.



Il Rio Bisingana.


Testo e immagini di Enea Grosso

Fonti:  "La Cappella della Trasfigurazione" di Giuseppe Papetti, 2005; "Via della Croce", (pieghevole illustrato a volte a disposizione all'interno della cappella); "Due passi per Rongio" di Sergio Marucchi. Docbi 2010.
Altre informazioni su Rongio e la Via della Croce e su Masserano (Palazzo dei Principi) si trovano in questo blog alla voce 'territorio' e 'racconto'.